Personalità e ricerca di sensazioni forti: Novelty Seeking
Tra i diversi approcci allo studio della personalità e delle differenze individuali riveste particolare interesse il modello di Cloninger. Egli individua in particolare tre dimensioni quantitative del temperamento ereditabili geneticamente e influenzate dai neurotrasmettitori cerebrali, e tre tratti del carattere dipendenti dalle esperienze vissute. Un nuovo studio statunitense suggerisce che le persone alla continua ricerca di novità e sensazioni forti abbiano un’anomalia nella regolazione del rilascio di dopamina, trasmettitore attivato in situazioni legate al piacere, come l’assunzione di cibo, l’attività sessuale ed anche l’assunzione di stupefacenti come la cocaina.
Di personalità si parla spesso e proliferano sul web test più o meno scientifici che indagano e delineano i tratti principali del soggetto esaminato. Ma nessun test serio è ingenuo della teoria, ed è necessario fare riferimento ad un modello specifico. Infatti ogni nucleo teorico, in psicologia, arriva a concettualizzare la personalità con diversi modelli, adoperando modalità, obiettivi e metodi d’analisi anche molto differenti l’uno dall’altro.
Un elemento caratterizzante di tutti i modelli che studiano la personalità è l’aver riconosciuto che all’interno della determinazione di essa giocano un ruolo importante, nella loro interazione, fattori costituzionali, ossia biologici, e fattori ambientali, cioè culturali ed educativi. Specialmente in epoca recente è stata data molta importanza a questo punto.
Eppure, ad esempio, generalmente si tende a considerare come opposti irriducibili le teorie dei tratti e quelle psicodinamiche: entrambe concedono una grande importanza alle influenze biologiche sul comportamento, ma lo fanno in maniera radicalmente differente. Mentre le prime, sviluppate dagli anni
Robert Cloninger definisce la personalità come “un complesso sistema gerarchico che può essere naturalmente suddiviso nelle due distinte dimensioni psicobiologiche del temperamento e del carattere.”
Nel 1987, formulando la sua teoria biosociale generale della personalità, egli propose una classificazione della personalità basata su tre dimensioni temperamentali, da lui ipotizzate come indipendenti l’una dall’altra e geneticamente determinate, dunque ereditabili. Da ciascuna di esse dipenderebbero specifiche modalità di risposta automatica in termini comportamentali agli stimoli ambientali emozionali. La messa in atto di queste risposte dipenderebbe da processi di condizionamento associativo e apprendimento procedurale di abilità.
Nel modello originale, tre erano le dimensioni temperamentali descritte da Cloninger: innanzitutto
Per Harm Avoidance ( evitamento del danno), Cloninger intendeva invece la predisposizione al pessimismo, a rispondere a stimoli avversivi con reazioni intense, a temere l’ignoto e fuggire le punizioni anche a costo di una forte inibizione psicologica e comportamentale.
Infine,
Queste tre dimensioni sono ritenute correlate alle funzioni dei tre principali sistemi cerebrali di neurotrasmettitori: un incremento dell’HA corrisponderebbe ad un’elevata attività serotoninergica, quello della NS ad una bassa attività dopaminergica, e infine quello della RD ad una bassa attività basale noradrenergica. Proprio questi tre sistemi, a loro volta, sarebbero rispettivamente di volta in volta implicate della messa in atto di comportamenti di evitamento, attivazione e mantenimento.
Questi tre tratti, ossia il temperamento, costituirebbero la parte della personalità definibile come ereditabile, interamente manifesta già nell’infanzia, ma soprattutto largamente stabile lungo tutta la durata della vita.
All’opposto i tre tratti di carattere, che Cloninger ben distingue dal temperamento, si riferirebbero a tutte quelle differenze tra individui nei loro valori e obiettivi volontari, che si sviluppano grazie all’umana capacità di comprendere la relazione che sussiste tra i diversi eventi mediante una riorganizzazione concettuale dei percetti e dell’esperienza in generale ( sul proprio conto, su altre persone o sugli altri oggetti). A partire dai primi fenomeni di attaccamento il bambino costruisce la propria modalità di relazionarsi agli oggetti, differenziandosi dal genitore e cominciando una serie di trasformazioni che continueranno gradualmente nel corso dell’intera vita.
Scrive Cloninger nel 1996: “Dove il TEMPERAMENTO di riferisce al modo in cui siamo nati (la nostra predisposizione emozionale), il CARATTERE è ciò che noi facciamo di noi stessi intenzionalmente.”
La valutazione di ciascuna delle sei dimensioni di personalità è possibile grazie a test elaborati da Cloninger stesso. Ad esempio, per le dimensioni temperamentali è stato messo a punto uno strumento di misura che conta ben 100 item, e consiste in un questionario autosomministrato dal nome Tridimensional Personality Questionnaire (TPQ), ampiamente utilizzato per la valutazione non solo di personalità adattive, ma anche di psicopatologie e disturbi indagati nella clinica. Il TCI (Temperament and Character Inventory), elaborato successivamente e che conta nell’ultima versione 240 domande, consente di esplorare sia il temperamento che il carattere.
Una delle dimensioni su cui più frequentemente sono state condotte delle ricerche di approfondimento è la Novelty Seeking, ossia il tratto caratteristico delle persone che manifestano comportamenti impulsivi,e che ricercano il rischio e le sensazioni forti.
Oggi sempre di più tra gli adolescenti è facile trovare soggetti che si indirizzano verso esperienze rischiose, estreme e apertamente pericolose, al punto da apparire autolesionisti. In realtà, si tratta di un’incapacità di fondo di trovare gratificanti le esperienze meno intense, e di provare interesse per le attività quotidiane che risultano noiose. È proprio un senso di vuoto che porta questi giovani a cercare nella trasgressione un’attivazione emozionale, un impatto gratificante.
Dal modello di Cloninger, tutto questo verrebbe spiegato come un reale bisogno strettamente legato alla struttura stessa della personalità dell’individuo. Quando il soggetto ha una soglia d’attivazione individuale e specifica molto elevata, nascerebbe inevitabilmente un comportamento di ricerca attiva di stimoli, proprio come una risposta adattiva, che tenderebbe a mantenere uno stato di omeostasi, stabilizzando il livello di gratificazione entro un range di variabilità ottimale.
Di recente è stato possibile ai ricercatori della Vanderbilt University (Nashville, Tennessee, USA) rintracciare con precisione i meccanismi neurobiologici alla base di questi comportamenti. Il loro studio, pubblicato sulla rivista statunitense Journal of Neuroscience, ha evidenziato che questi soggetti hanno un basso numero di recettori D2/D3 per la dopamina nel mesencefalo ventrale (una regione del cervello).
La dopamina è un neurotrasmettitore coinvolto nelle esperienze di gratificazione- comprese quelle che riguardano meccanismi di abuso e dipendenze (cibo, sesso, droghe). Viene prodotta da un particolare tipo di neuroni, dotate di auto recettori inibitori capaci di interrompere il rilascio della sostanza quando stimolati.
“È risultato che la densità di questi autorecettori è inversamente correlata al comportamento oggetto dello studio”, ha scritto David Zald, uno dei coautori dello studio citato “Ciò significa che quanto meno sono presenti questi autorecettori in un individuo, tanto più che egli avrà difficoltà a regolare il desiderio di nuove esperienze potenzialmente gratificanti che normalmente inducono un rilascio di dopamina”.
Già ricerche precedenti avevano evidenziato un’ampia variabilità per la presenza di questi recettori e per le quantità di dopamina prodotta, e la correlazione tra questi livelli e i comportamenti di abuso. In questo studio invece i ricercatori si sono concentrati sulle implicazioni nei tratti di personalità dei novelty-seekers. Utilizzando la tecnica di tomografia a emissione di positroni, o Pet, e un questionario che valutasse i diversi tratti di personalità, è stata individuata la differenza tra soggetti sani novelty seekers, e soggetti sani ma non descrivibili come tali.
Ecco le conclusioni: “La nostra ricerca suggerisce che in questi soggetti il cervello è scarsamente in grado di regolare la dopamina: questa condizione rende i soggetti particolarmente sensibili alle novità e le situazioni che forniscono una gratificazione e che normalmente inducono un rilascio di dopamina”
Sonia Pasquinelli
brawl
Innanzitutto, grazie per l’articolo. Vorrei domandare: che testi può consigliare per chi volesse approfondire l’argomento?