Internet “Promuove” il Suicidio?
di Sonia Pasquinelli
“Il suicidio corre su Internet” recitano i titoli dei giornali. Oppure “Consigli per aspiranti suicidi”.
Si tratta di un riferimento a quello che oggi sta diventando un fenomeno sempre più frequente: chi cerca in rete delle informazioni sul suicidio si ritrova in siti che istigano al suicidio stesso, e ancora più spesso forniscono informazioni su come procurarsi la morte nel modo più breve e meno doloroso possibile, elencando dettagli relativamente alla velocità, alla certezza e al presumibile dolore connesso ai differenti metodi.
Internet diventa dunque una fonte di pericolo piuttosto che di informazioni?
Ad affrontare scientificamente l’argomento è stata un’equipe di medici e ricercatori delle Università di Bristol, Oxford e Manchester.*1
Stimolati dai recenti fatti di cronaca, Lucy Biddle e colleghi hanno deciso di accertarsi di cosa è facile trovare sul web. L’influenza dei media sui suicidi, e specialmente su quali siano i metodi utilizzati, è già comprovata da molteplici studi. *2 Poiché alcuni metodi sono più efficaci di altri,è lecito parlare di un’influenza diretta dei media sui tassi nazionali di suicidi portati a termine. *3
Secondo questi studiosi l’influenza di internet sui comportamenti suicidi sarebbe sottovalutata. Essa si concretizza in veri e propri siti che inneggiano al suicidio, ma anche in forum che offrono l’assistenza necessaria, la cui esistenza è stata comprovata dalla stampa accademica. *4
In questo caso si tratta di promuovere il suicidio facilitando il contatto tra persone “psicologicamente deboli”, che a seguito decidono di incontrarsi per pianificare il proprio suicidio insieme. *5
Ma quanto è facile che si verifichino queste circostanze?
Lo studio condotto da Lucy Biddle e colleghi,concluso da poco con la pubblicazione, il 12 Aprile scorso, di un articolo sul British Medical Journal, ha portato alla nostra attenzione risultati interessanti.
È bastato infatti andare su Google, Yahoo, Msn e Ask e analizzare i primi dieci risultati ottenuti digitando dodici parole chiave relative ai temi del suicidio e della morte (“suicidio”, “metodi di suicidio”, “metodi di suicidio sicuri”, “modi di commettere il suicidio”, “come suicidarsi”, “come uccidersi”, “metodi semplici di uccisioni”, “suicidio senza sofferenza”, e così via). I ricercatori hanno poi classificato le pagine in due categorie: quelle che promuovono il suicidio e quelle che invece cercano di evitarlo. Su un totale di 240 siti, la metà presentava informazioni dettagliate sui diversi metodi per uccidersi e quasi un quinto (90 siti) era specificatamente dedicato all’argomento. Il 50 per cento di questi, inoltre, conteneva palesi incoraggiamenti al suicidio. Solo il 13 per cento (62 siti), invece, era focalizzato sulla prevenzione e sul sostegno, mentre 12 per cento (59) sul tentativo di scoraggiare apertamente tale scelta.
Secondo i ricercatori, ancora, Google e Yahoo sono i portali dove è più facile risalire a indirizzi dedicati a questo tema, mentre Msn è quello che ha selezionato il più alto numero di siti di prevenzione e sostegno.
Tre dei siti che sono comparsi più di frequente nelle ricerche sostenevano il suicidio, il quarto sito più frequentemente rintracciato era invece quello di Wikipedia. Tutti e quattro questi siti forniscono informazioni relativamente alla velocità, alla certezza e al presumibile dolore connesso ai differenti metodi.
Il Bmj sottolinea, così, come attualmente nel Regno Unito non esista alcuna regolamentazione in grado di dirimere la questione: di fatto i siti sono legali e l’unico parametro è l’autoregolamentazione dei provider o l’utilizzo di software-filtro da parte degli adulti nei confronti dei figli minorenni (per altro aggirabili con poca fatica e piuttosto difficili da istallare).
Che impatto ha avuto sul pubblico la conclusione di questo studio?
Alcune fonti hanno accusato l’articolo di divulgare affermazioni imprecise al fine di promuovere una demonizzazione tout-court del mondo di internet.
La Rete italiana, in particolare, offre molto aiuto a chi è depresso: se si digita la parola sucidio su Google, nelle prime due posizioni si rimanda a Wikipedia e in terza posizione si consiglia di visitare befrienders, un sito di assistenza per chi medita di togliersi la vita.
Nonostante questo, numerose polemiche sono state scatenate nel panorama internazionale e specialmentein Gran Bretagna : il Suicide Act del 1961 stabilisce che lo Stato punisca chi incita qualcuno a togliersi la vita, ma il vuoto legislativo che – in Gran Bretagna come in altri paesi – circonda la galassia di internet lascia poco spazio a soluzioni piu’ decise dei filtri o dell’autoregolamentazione.
“Questi siti plagiano le persone vulnerabili e sole” – denuncia Marjorie Wallace, direttrice del centro d’aiuto psicologico “Sane” – Siamo profondamente preoccupati per la possibile influenza di internet sul numero dei suicidi”.
Note:
1. 12 Aprile 2008 British Medical Journal : Suicide and the internet
http://www.bmj.com/cgi/content/full/336/7648/800#REF11
Lucy Biddle, research fellow, Jenny Donovan, professor of social medicine, Keith Hawton, professor of psychiatry, Navneet Kapur, reader in psychiatry, David Gunnell, professor of epidemiology
2. Hawton K, Williams K. Influences of the media on suicide. BMJ 2002;325:1374-5.
- Hawton K. Restriction of access to methods of suicide as a means of suicide prevention. In: Prevention and treatment of suicidal behaviour from science to practice. Oxford: Oxford University Press, 2005:279-91.
4. Becker K, Schmidt MH. Internet chat rooms and suicide. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 2004;43:246-7
5. Rajagopal S. Suicide pacts and the internet. BMJ 2004;329:1298-9
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