Tipi di panico
Attacchi di panico respiratori e non respiratori
L’attuale sistema di classificazione non comprende una sottotipizzazione degli attacchi di panico, tuttavia diverse proposte sono state avanzate in questo senso.
Sia da un punto di vista clinico che dalle ricerche più recenti appare evidente una differenziazione tra attacchi di panico “respiratori” e “non respiratori”.
Questa distinzione considerata già da Briggs nel 1993 è stata confermata con i più recenti metodi di analisi statistica nel 2011 da Robertson-Nay in cinque campioni di pazienti e di popolazione generale.
La classificazione è stata ricavata analizzando solo gli attacchi dei soggetti con diagnosi di Disturbo di Panico (con o senza Agorafobia).
Gli attacchi di panico respiratori sono caratterizzati da: dolore al petto, sensazione di soffocamento/asfissia, dispnea, parestesie, paura di morire (Robrtson-Nay et al 2011). In questo gruppo è presente una più alta familiarità per il disturbo di panico, una minor comorbidità con la depressione, una maggior durata del disturbo di panico, minori punteggi alla scala di nevroticismo e, in generale, punteggi più elevati alle scale di severità per il disturbo di panico (Freire et al. 2010).
Questi soggetti sono particolarmente sensibili ai metodi di induzione artificiale del panico (link a metodi di induzione artificiale del panico).
Dal punto di vista respiratorio è presente una maggior sensibilità agli effetti panicogenici della CO2 (Freire et al. 2010) e minori livelli di pCO2 (p sta per pressione parziale) sia in condizioni basali a riposo che durante le prove di induzione artificiale del panico e nella fase di recupero. Infine, hanno una variabilità dei tracciati respiratori assai più elevata del normale (Niccolai et al., 2009).
Inoltre, nel sopracitato studio di Robrtson-Nay è emersa la probabilità di poter individuare un altro sottotipo di pazienti con attacchi di panico respiratori, ovvero un sottotipo respiratorio di moderata entità, caratterizzato da dispnea, dolore al petto, instabilità/sbandamento, tachicardia e, alle volte, paura di morire. Sono necessari altri studi perché l’esistenza di questa categoria aggiuntiva possa essere confermata.
Il sottotipo “non respiratorio” si contraddistingue innanzitutto per la bassa incidenza di sintomi respiratori e anche per livelli piuttosto elevati di sintomi somatici, tra i quali tachicardia, tremori, sudorazione, brividi o sensazioni di calore.
Classificazione di Ley
Ley, R (1992), The many faces of Pan: Psychological and Physiological differences among three types of panic attacks. Behaviour Research and Therapy, 30, 347 – 357.
Ronald Ley propone una classificazione basata prevalentemente sulle ipotesi causali sottostanti a ciascun tipo di attacco e sull’osservazione clinica. Questa classificazione è utile alla comprensione della sua teoria causale sul panico
Attacchi di tipo I, classici
Sono caratterizzati da una incontrollabile e intensa dispnea (senso di soffocamento imminente) e palpitazioni accompagnate da terrore e un forte impulso a fuggire. I pensieri che seguono sono spesso associati alla morte o a un’imminente catastrofe.
Attacchi di tipo II, anticipatòri
Questo tipo di attacchi si può verificare solo nel caso in cui il soggetto abbia già avuto almeno un attacco di panico. La paura sperimentata è inferiore a quella degli attacchi di tipo I, e sembra consistere soprattutto in una “paura della paura”, ovvero nel timore di essere sul punto di rivivere le terribili sensazioni provate in un precedente attacco. Quindi il timore non è focalizzato su ciò che sta accadendo, ma su ciò che potrebbe avvenire. L’attacco si sviluppa quando ci si trova in un ambiente o contesto che ricorda quello in cui si è verificato un attacco di tipo I.
Attacchi di tipo III, cognitivi
Sono caratterizzati da uno stato di apprensione, timorosità e scarsa assertività. Sono probabilmente legati a preoccupazioni per eventi negativi reali ma non gravi oppure gravi ma improbabili. In genere si sviluppano a partire da uno stato di ansia relativamente lieve ma costante che, in alcuni casi, diventa più intensa. L’aumento dell’ansia viene interpretato dal soggetto come pericoloso (interpretazione catastrofica) provocando in questo modo il passaggio allo stato di panico.
Nota: secondo la teoria di Ronald Ley uno stesso individuo può sperimentare in diversi momenti attacchi dei tre diversi tipi (oppure attacchi di solo una o due delle tre tipologie).
A livello terapeutico Ley ipotizza che per gli attacchi del primo tipo sia opportuna una rieducazione respiratoria, mentre per quelli del terzo tipo siano più adatti gli approcci cognitivi.
Sulla base di una revisione della letteratura, Randy e Lori Sansone (2009) mettono in guardia da una serie di presentazioni atipiche dei sintomi del panico che possono trarre in inganno e portare ad una diagnosi scorretta. I due autori individuano il sottotipo respiratorio già descritto in precedenza ma effettuano una ulteriore classificazione interna al sottotipo non respiratorio.
Sottotipo cardiaco: in diversi studi in cui i pazienti erano monitorizzati per supposti sintomi cardiovascolari la prevalenza del disturbo di panico risultava molto più elevata rispetto alla popolazione, con tassi compresi tra il 15 e il 29,6%. Invece i pazienti con dolori al petto e senza evidenti problemi cardiaci, sono risultati soffrire di panico in percentuali comprese tra l’8,1 e il 47,1%. Anche i parenti dei pazienti con dolore toracico avevano un’incidenza di disturbi di panico maggiore del normale.
Sottotipo gastro-intestinale: questo sottotipo si caratterizza per sintomi prevalentemente collocati nel tratto gastro-intestinale, tra cui rapide e acute sensazioni di nausea e difficoltà digestive a livello gastrico e/o intestinale. In alcune situazioni questi sintomi possono essere scambiati per la sindrome dell’intestino irritabile. Alcuni studi hanno rivelato una più alta incidenza di sintomi gastro-intestinali in pazienti con disturbo di panico rispetto ad altri pazienti con un disturbo psichiatrico e alla popolazione non psichiatrica. Inoltre è stata rilevata una consistente comorbidità tra disturbo di panico e sindrome dell’intestino irritabile. La relazione sembra essere bidirezionale, con una alta incidenza di panico tra chi presenta la sindrome dell’intestino irritabile (dal 6,1 al 46%) e un’alta incidenza di sindrome dell’intestino irritabile in pazienti che soffrono di panico (fino al 46%).
Sottotipo vestibolare: quando i sintomi del panico si limitano a sbandamenti, instabilità, testa leggera o sensazioni di svenire, il panico può essere scambiato con un disturbo vestibolare. Alte percentuali dei pazienti che si presentano con instabilità e sensazione di vertigini presentano un disturbo di panico.
In sintesi in diversi contesti medico-ospedalieri nei pazienti con sintomi cardiaci respiratori gastro-intestinali e vestibolari è opportuno indagare l’ipotesi di un disturbo di panico.
Altre tipologie rilevanti dal punto di vista clinico sono le seguenti:
Panico notturno: Gli attacchi di panico notturni sono definiti come un brusco risveglio dal sonno in uno stato di panico che comprende forte paura o disagio insieme ad altri sintomi cognitivi e fisiologici simili a quelli degli attacchi diurni. Spesso sono associati a difficoltà nel riaddormentarsi e a paura ed evitamento del sonno. La terapia cognitivo comportamentale ha mostrato di ridurre significativamente la frequenza degli attacchi di panico notturni.
Sottotipo senza paura: Gli attacchi senza paura sono caratterizzati dalla presenza di un intenso disagio e dall’assenza delle caratteristiche paure di perdere il controllo o di impazzire o di morire. Si stima che questo tipo di attacchi si verifichi in una percentuale compresa tra il 20 e il 40% degli attacchi di panico. Rispetto agli altri tipi di attacchi i pazienti tendono a chiedere consulenze mediche piuttosto che psicologiche.