Diventare genitori

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Che cos’è la genitorialità?

La genitorialità è una dimensione psicologica che si sviluppa nel corso della vita di ogni individuo e non riguarda esclusivamente persone che hanno figli: aspetti di genitorialità emergono ad esempio nell’ambito delle professioni di cura o educative in cui appunto ci si prende cura di soggetti più piccoli o più deboli ricoprendo un ruolo in senso lato “materno” o “paterno”.

Nelle persone che compiono poi la scelta di avere figli, la genitorialità diventa in senso proprio essere padre ed essere madre e comporta una grossa ristrutturazione dell’immagine di sé e delle relazioni all’interno della famiglia; la coppia che ha un figlio affronta un passaggio evolutivo importante e delicato, trasformandosi da coppia coniugale in coppia genitoriale, quindi diventa famiglia e deve aprirsi ad accogliere un terzo nella relazione, il bambino.

Il passaggio da essere in due ad essere in tre comporta una sorta di riedizione di una dinamica vissuta nella prima infanzia, quando il bambino di allora, ora adulto e genitore, iniziava ad uscire dall’unione-simbiosi con la madre per comprendere anche il padre nella sua cerchia di relazioni. Spesso il terzo viene vissuto inconsciamente come una sorta di intruso nel rapporto a due e ciò può creare squilibri nella famiglia appena costruita. Soprattutto la nascita del primo figlio nella coppia comporta una grossa ristrutturazione del rapporto, in quanto si passa dall’essere in due all’essere in tre, e occorre imparare a considerare il partner anche nel suo ruolo di padre o di madre; assumere il ruolo di genitore implica un riassetto della propria personalità, reso particolarmente complesso in un’epoca come la nostra in cui i modelli familiari sono fortemente in discussione e la società fatica ad offrire valori stabili e riferimenti condivisi.

Un altro aspetto essenziale del diventare genitore è il cambiamento di relazione con i propri genitori: diventando madre e padre ci si relaziona con i propri genitori non più soltanto come figli ma anche come persone a propria volta entrate nel medesimo ruolo: è inevitabile fare i conti con l’immagine dei propri genitori che teniamo nella mente e negli affetti e con l’immagine di noi stessi come figli, bambini prima e adolescenti poi.

I modelli familiari e l’identità personale costituiscono per chi si prepara a diventare genitore la base per costruire la propria immagine di sé come padre e come madre e nel corso della gravidanza iniziano ad avvenire una serie di cambiamenti che consentiranno di “fare spazio” al nuovo nato; si tratta di un processo graduale che si avvia nel periodo pre-parto ma che comprende diversi aspetti della vita dell’individuo e che può essere vissuto come faticoso, soprattutto in situazioni di particolare difficoltà a livello personale o di coppia o familiare. Una delle problematiche più conosciute e temute dalle future mamme è la depressione post-parto (LINK), una sindrome depressiva che può insorgere dei mesi successivi alla nascita del bambino e che va distinta da situazioni definite di baby blues, che sono invece fisiologiche e reattive ai cambiamenti che avvengono dopo la nascita e comprendono sintomi depressivi e ansiosi che però non rientrano in un quadro patologico; spesso una adeguata informazione e un supporto nell’affrontare questo delicato momento aiutano le donne a gestirlo al meglio, per la propria salute e per il benessere del proprio bambino.

Che cosa può fare lo psicologo?

In questa fase lo psicologo può aiutare la coppia ad elaborare il passaggio di status per diventare famiglia e i singoli individui ad acquisire il nuovo ruolo di padre o di madre integrandolo all’interno della propria personalità. Nelle situazioni in cui emergono sintomi depressivi o ansiosi, può essere utile rivolgersi ad un professionista che possa prima di tutto valutare la condizione psicologica generale della persona ed eventualmente proporre un percorso di sostegno.

La formazione del legame tra genitore e bambino mette le basi già nel corso della gravidanza attingendo ai modelli familiari che la persona ha interiorizzato nel corso della vita e si struttura nei primi mesi dopo la nascita del piccolo, attraverso le interazioni tra il bambino e chi si prende cura di lui in maniera continuativa (più spesso la madre, ma anche il padre). La modalità con cui la madre si relaziona con il piccolo, le emozioni che veicola, la sua presenza rassicurante e il sistema di cure consentono al bambino di sentirsi sicuro e protetto e di riconoscere nel corso del tempo le sue figure di riferimento; il bambino sviluppa quindi un attaccamento nei confronti della madre che dipende sia dai tratti di temperamento del bambino stesso sia dalle modalità con le quali viene accudito. Esistono differenti tipologie di attaccamento, che comportano diversi livelli di sicurezza con cui il piccolo può riferirsi alla madre, appunto considerandola come una “base sicura” dalla quale partire per esplorare il mondo. Da questa sicurezza dipende anche la serenità o meno che caratterizzerà la separazione tra mamma e bambino, ad esempio quando la madre dovrà riprendere il lavoro o lascerà per diversi motivi il piccolo ad altre figure di accudimento per una considerevole parte della giornata; a questo proposito appare di particolare delicatezza il momento dell’inserimento del bambino al nido o alla scuola materna, proprio per le potenziali difficoltà che sia il bimbo che la madre possono sperimentare affrontando la separazione. In condizione di particolare disagio è possibile che il bambino sviluppi un vero e proprio disturbo, definito Disturbo d’Ansia di Separazione (LINK), caratterizzato da malessere e preoccupazione in occasione o in previsione di periodi in cui si trova separato dalle figure di riferimento. Un fattore che aiuta lo sviluppo sereno e una separazione non traumatica tra madre e bambino è proprio la presenza del padre, che con la sua funzione di terzo supporta da un lato la compagna nel suo ruolo di madre e dall’altro il bambino nella sua esplorazione del mondo, mostrandogli come sia possibile staccarsi dalla madre per avviare un proprio percorso di autonomia.

Che cosa può fare lo psicologo?

il primo anno di vita del bambino rappresenta un banco di prova fondamentale per la neoformata famiglia ed è importante che eventuali difficoltà, in particolare nella relazione e nella separazione tra mamma e neonato, possano essere affrontate precocemente in modo che non si trasformino in situazioni patologiche. A tale scopo l’intervento dello psicologo può funzionare come prevenzione e agire sia sulla relazione madre-figlio sia sulla coppia genitoriale senza coinvolgere il piccolo direttamente.

BIBLIOGRAFIA

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