Ecstasy MDMA effetti reversibili?
L’aspetto più importante da sottolineare è che alcune droghe che hanno effetti completamente reversibili come l’MDMA possono, durante il periodo della loro azione, causare effetti che possono comportare conseguenze secondarie. Un esempio è la emorragia cerebrale causata da un incremento della pressione sanguigna, un altro è relativo ai gravi incidenti che possono essere la conseguenza dell’influenza della droga sul sistema nervoso centrale (Jørg Mørland, Toxicity of drug abuse — amphetamine designer drugs (ecstasy): mental effects and consequences of single dose use,Toxicology Letters 112–113 (2000) 147–152).
Relativamente agli effetti neurobiologici acuti, i principali effetti dell’MDMA sul sistema nervoso centrale sono mediati da cambiamenti delle neurotrasmissioni monoaminergiche. Alcuni studi neurochimici condotti in vitro hanno dimostrato che tale sostanza stupefacente induce il rilascio di serotonina (5HT) dai sinaptosomi del cervello, e gli stessi effetti sono stati riscontrati anche con la dopamina (DA) e la norepinefrina (NE). L’MDMA è in grado di rilasciare più 5HT rispetto al DA in vitro, inducendo il rilascio di monoamine attraverso l’interazione con i trasportatori di monoamina così da invertire la direzione del flusso di neurotrasmettitori. Inoltre, porta ad un incremento dei livelli extracellulari di 5HT, DA e NE inibendo il loro reuptake. Quindi, l’MDMA può avere degli effetti sull’eccitabilità dei neuroni cerebrali. Tali cambiamenti neurochimici hanno un’importanza centrale rispetto alle caratteristiche dell’MDMA, così come sull’iperattività locomotoria osservata dopo l’assunzione della droga.
Gli studi neurobiologici hanno indicato che l’MDMA può essere diversa dalle anfetamine rispetto ai meccanismi con cui agisce e su questa scia i ricercatori hanno cercato i possibili effetti dell’MDMA sul comportamento e sul profilo caratteriale di chi l’assume. Un problema rispetto alla rilevazione di tali effetti è stato certamente il fatto di non poter svolgere studi randomizzati sugli umani, a causa della grande tossicità di tale sostanza. Nel 1998 è stato infatti pubblicato uno studio di Henry et al., ma il dosaggio dell’MDMA era basso (40mg) e di conseguenza è stato difficile rilevare effetti sul sistema nervoso centrale. In un altro studio è stato messo a confronto l’effetto del placebo e di un’altra componente dell’ecstasy, l’MDEA (150mg) (Schreckenberger et al., 1998). In tale studio è stata osservata una sostanziale riduzione del metabolismo cerebrale del glucosio nella corteccia frontale e in alcune altre aree cerebrali, simile a quello che è stato osservato con altre sostanze psicotrope.
Gli studi relativi agli effetti dell’MDMA si dividono in due grandi gruppi: quelli condotti in maniera sistematica sugli abusatori ricreazionali e le cartelle cliniche di soggetti che hanno richiesto un’attenzione medica particolare a seguito del consumo di ecstasy.Parrot and Lasky (1998) hanno studiato tre gruppi di persone dai 19 ai 30 anni: 15 ragazzi che hanno fatto uso regolare di MDMA in dieci o più occasioni; 15 ragazzi che hanno da poco iniziato a farne uso e 15 ragazzi di un gruppo di controllo, che non ne hanno mai fatto uso. Ciascun soggetto doveva completare un test cognitivo e psicodiagnostico sull’umore in quattro momenti: ad un T0 di base, un T1 che corrispondeva ad un sabato sera in discoteca e poi 2 e 7 giorni dopo. Tutti e tre i gruppi di ragazzi avevano assunto alcolici in discoteca e tutti avevano riportato un umore positivo durante l’assunzione. Tuttavia, due giorni dopo, coloro che avevano assunto MDMA si sentivano molto più depressi, anormali, meno socievoli e avevano un’autostima più bassa rispetto al gruppo di controllo. La performance cognitiva dei ragazzi che avevano assunto MDMA era molto inferiore a quella del gruppo di controllo ed in particolare i consumatori abituali erano quelli che avevano ottenuto i punteggi più bassi ai test di memoria.
Rispetto agli studi che hanno preso in considerazione le cartelle mediche di pazienti che avevano assunto MDMA, esistono diversi approfondimenti in tal senso. Molti di questi riguardano casi di gravi disturbi mentali e problemi comportamentali. Uno studio di Williams et al. (Williams et 150 J. Mørland : Toxicology Letters 112–113 (2000) 147–152 al., 1998) ha preso in considerazione i casi afferenti all’Ospedale St Thomas di Londra tra il 1995 e il 1996. Nella maggior parte dei casi i principali aspetti clinici segnalati erano “senso di estraniazione, di perdita della coscienza, nausea, vomito, panico, ansia”. Ad essi si sommavano sei casi molto gravi, tra cui delirio e coma.
Correlati ai gravi danni neuropsichiatrici conseguenti all’abuso di MDMA, vi sono anche conseguenze dovute ad incidenti stradali e non.
In conclusione, l’uso di MDMA si accompagna a profondi cambiamenti neurobiologici del sistema nervoso centrale. Questo comporta successivamente un’ampia gamma di risposte che possono andare dall’euforia, legata alla stimolazione del sistema nervoso centrale, alla sensazione di sentirsi in uno stato allucinatorio, fino a stati di agitazione, di comportamento bizzarro e lo sviluppo di una possibile psicosi. Oltre ai gravi possibili effetti sul funzionamento mentale e comportamentale osservati in soggetti che hanno assunto MDMA, vi è il rischio di poter essere coinvolti in incidenti stradali ed altri tipi di incidenti (domestici, sul lavoro ecc).
Va osservato in ultimo come il quadro completo degli effetti neurochimici transitori di tale sostanza ancora non sia del tutto noto.
Flavio
Esistono cure per il ripristino neurobiologico a seguito dell’utilizzo di tale sostanza, c’è un riscontro visivo tramite tecniche di neuroimaging ove possibile confrontare le alterazioni biologiche comportate dalla sostanza?